Credo che ai
tanti caduti cui la “Patria riconoscente dedica il monumento” non gliene
fregasse proprio niente di diventare bronzei eroi, per una Patria che li aveva
mandati al macello.
Credo avessero paura delle bombe, dei cecchini, delle
mitragliatrici che li falciavano come il grano, dei gas che li uccidevano nel
sonno, delle mazze ferrate e delle baionette che li massacravano come nel
medioevo, schifo del fango, delle trincee, delle piattole, del cibo orrendo,
orrore della morte dei propri compagni dilaniati dalle mine e dalle granate, le
cui madri non potevano neanche piangerne le salme.
Credo che
avrebbero preferito starsene al caldo, tra le braccia delle loro donne, a fare
l’amore, a generare nuova prole piuttosto che a stroncare quella di genti
confinanti ma sconosciute.
Credo che
non sapessero neanche dove si trovassero né cosa fossero, le “terre irredente”.
Molti di loro non sapevano leggere né scrivere, né cosa fosse la “Patria”, né
perché si trovassero là, né cosa ci facessero, né perché dovessero morire. Non
erano volontari, non erano mercenari, erano deportati disperati dati in pasto a
Marte.
Forse le
“Patrie” dovrebbero essere riconoscenti dei propri cittadini prima e invece
di mandarli a morire. Forse, i poveri
caduti sarebbero più contenti di sapere che chi li ha mandati a morire a
migliaia è maledetto dal mondo nei secoli e nei secoli. Sovrani, governanti,
generali, macellai: a loro dovrebbe essere innalzato un monumento alla vergogna
eterna, perché nessuno si azzardi mai più a fare quello che hanno fatto loro.